MEDEA
Fu veramente Medea ad uccidere i propri figli o l’intolleranza e il pregiudizio dei Corinzi?
Medea, un nome che etimologicamente significa “colei che consiglia”, una sacerdotessa-guaritrice che usa il sapere delle madri, un sapere che
da Euripide in poi è fatto passare per
pericolosa magia. Il mito di Medea per due millenni è stato letto univocamente come la vicenda di una eroina che assolve fino all’ultimo il dettame divino della distruzione della stirpe di colui che commette una colpa fino a portarlo alla estrema tragica conseguenza di dar la morte ai propri figli. Ma scavando a ritroso nel tempo si trovano altre interpretazioni, altre Medee, altri svolgimenti della vicenda. Se Medea non è infanticida, il valore stesso del mito cambia, come cambia la sua forza catartica che si indirizza allora verso altri obiettivi… Medea è l’eroina di un mondo, arcaico, religioso matriarcale, in contrasto con un mondo razionale, laico, moderno. L’amore fra Medea e Giasone rappresenta il conflitto fra questi due mondi.
Lo spettacolo del Teatro Studio non dà una rilettura del mito, ma permette agli spettatori una interpretazione soggettiva, attraverso stimoli visuali, verbali e sonori. Il lavoro segue la struttura drammaturgica della tragedia di Euripide su cui si innestano testi di Valerio Flacco (Argonauticon Libri) e testi ispirati ai lavori di Krista Wolf, e la visione sociale di Pier Paolo Pasolini.
Regia ed elcborazione dei testi: Mario Fraschetti
Interpreti: Daniela Marrewti, Luck Pierini, Enrica Pistolesi, Silvia Schiavoni, Mirko Tozzioi, Michela Pii
Musiche originali e canto: Paolo Sturmann
Durata; 1’20
Iliade
ILIADE
“Omero, nell’Iliade, ha tramandato, tra le righe di un monumento alla guerra,
la memoria di un amore ostinato per la pace.
A prima vista non te ne accorgi, accecato dai bagliori delle armi e dagli eroi. Ma nella penombra della riflessione viene fuori un lato dell’Iliade che non ti aspetti…” (A.Baricco)
Sulle rapide navi che solcano i flutti le donne troiane vanno prigioniere verso la terra greca. Pensieri legati ad un futuro incerto e al recente passato della guerra trascorsa.
Una guerra “pura” nella sua ineluttabilità voluta da un disegno divino piuttosto che dagli uomini.
Testi di Euripide (Ecuba, Troiane, Andromaca, Elena), si intrecciano con le vicende Omeriche dell’antico scontro fra la forza che difende e sa di aver molto da perdere, Ettore e la forza che distrugge e si distrugge, Achille, una dipendente dall’altra. La musica sottolinea e spezza momenti di pathos e momenti di riflessione. L’azione scenica fa emergere tutta la bellezza e la drammaticità di un testo che vuole parlarci innanzitutto dell’orrore della guerra.
Durata: 70’
Interpreti: Daniela Marretti, Enrica Pistolesi, Lia Montanelli, Luca Pierini, Irene Paoletti, Luca Baseville
I testi sono stati elaborati da Mario Fraschetti e Daniela Marretti
Musiche originali di Paolo Sturmann
Maschere Ilaria Tinelli
Regia Mario Fraschetti
E il dio stesso con la destra letale guidò il dardo
E fu infallibile
Gilgamesh – Il Messia che ritorna
Gilgamesh
“Il Messia che ritorna” poema epico giunto fino a noi dalla antica terra di Accadia dopo un viaggio di circa 5000 anni, trascritto in caratteri cuneiformi su 12 tavolette. Il ritrovamento avvenne in Mesopotamia a metà del XIX secolo.
Il testo tratta della Epopea del figlio delle due divinità Ki la Grande Madre, ed En suo sposo, Gilgamesh, l’uomo-dio, lo splendido re di Uruk, che scopre che, “per liberarsi dalla paura della morte, bisogna trovare tra gli uomini e con gli uomini il senso della vita”.
E’ Il mitico eroe Gilgamesh, di cui si trova traccia in documenti del 2600 a.C., “che vide e conobbe ogni cosa, che cercò la vita per strade lontane e che percorse il mondo nelle quattro direzioni. Colui che scoprì cose nascoste e svelò segreti che risalivano indietro nel tempo fino a prima del diluvio e che, in ogni cosa e per ogni dove, cercò la saggezza perfetta”.
Gilgamesh è il fondatore della città di Uruk che riesce ad ammansire Enkidu, suo fratello creato dalla coppia divina, ma questi muore nel tentativo di combattere la morte. Gilgamesh raggiunge l’isola dei Beati e qui, riceve alcuni consigli che permetteranno agli uomini di evitare per sempre la vecchiaia. L’eroe li segue; raccoglie in fondo al mare una pianta miracolosa che conserva il seme dell’ Eterna Gioventù. Ma un serpente ingoia il seme e sottrae a Gilgamesh il prezioso dono così faticosamente ottenuto.
E questa un’opera coraggiosa, fuori dalle tradizioni letterarie del mondo antico, che comunque allarga la visione e la conoscenza di quella storia che riguarda terre del vicino Oriente, con rigorosa attenzione filologica alle testimonianze che ci sono state trasmesse per millenni nella difficile scrittura cuneiforme.
La versione del poema da cui è tratto lo spettacolo è la traduzione lirica di Mario Pincherle Personalità poliedrica, sempre teso idealmente verso tutto ciò che è antico nel senso di perduto, dimenticato. “Restauratore di perfezioni perdute” come egli stesso si definisce. Grande archeologo, poeta e attento studioso dell’uomo, Pincherle riesce a comunicare con estrema semplicità le più straordinarie scoperte. Esperto conoscitore di paleotecniche afferma che l’archeologo deve basarsi sulla conoscenza delle tecniche di realizzazione degli oggetti perchè è attraverso il “fare” che si scoprono le funzioni del pensiero. Nel suo percorso di archeologo si è trovato di fronte a problemi inerenti i poteri della mente che ha affrontato in modo scientifico giungendo così a scoprire gli Archetipi e a capirne l’importanza e le grandi possibilità che da essi scaturiscono per far raggiungere all’uomo l’alto pensiero creativo.
Mario Pincherle è autore di molti volumi di archeologia, tecniche dell’antichità e parapsicologia. Le sue straordinarie scoperte hanno sfatato grandi falsi storici e svelato misteri dell’antichità.