“Il
Messia che ritorna” poema
epico giunto fino a noi dalla antica terra di Accadia dopo un viaggio
di circa 5000 anni, trascritto in caratteri cuneiformi su 12 tavolette.
Il ritrovamento avvenne in Mesopotamia a metà del XIX secolo.
Il testo tratta
della Epopea del figlio delle due divinità Ki
la Grande Madre, ed En suo sposo,
Gilgamesh, l’uomo-dio, lo splendido re di Uruk,
che scopre che, “per liberarsi dalla paura della
morte, bisogna trovare tra gli uomini e con gli uomini il senso
della vita”.
E' Il mitico eroe
Gilgamesh, di cui si trova traccia in documenti del 2600 a.C.,
“che vide e conobbe
ogni cosa, che cercò la vita per strade lontane e che percorse
il mondo nelle quattro direzioni. Colui che scoprì cose nascoste
e svelò segreti che risalivano indietro nel tempo fino a prima
del diluvioe che, in ogni cosa e per ogni dove, cercò la saggezza
perfetta”.
Gilgamesh è il fondatore
della città di Uruk che riesce ad ammansire Enkidu, suo fratello
creato dalla coppia divina, ma questi muore nel tentativo di combattere
la morte. Gilgamesh raggiunge l’isola dei Beati e qui, riceve alcuni
consigli che permetteranno agli uomini di evitare per sempre la vecchiaia.
L’eroe li segue; raccoglie in fondo al mare una pianta miracolosa
che conserva il seme dell’ Eterna Gioventù.
Ma un serpente ingoia il seme e sottrae a Gilgamesh il prezioso dono così
faticosamente ottenuto.
E questa un’opera coraggiosa, fuori
dalle tradizioni letterarie del mondo antico, che comunque allarga la
visione e la conoscenza di quella storia che riguarda terre del vicino
Oriente, con rigorosa attenzione filologica alle testimonianze che ci
sono state trasmesse per millenni nella difficile scrittura cuneiforme.
La versione del poema da cui è tratto lo spettacolo è la
traduzione lirica di Mario Pincherle Personalità
poliedrica, sempre teso idealmente verso tutto ciò che è
antico nel senso di perduto, dimenticato. "Restauratore
di perfezioni perdute" come egli stesso si definisce.
Grande archeologo, poeta e attento studioso dell'uomo, Pincherle riesce
a comunicare con estrema semplicità le più straordinarie
scoperte. Esperto conoscitore di paleotecniche afferma che l'archeologo
deve basarsi sulla conoscenza delle tecniche di realizzazione degli oggetti
perchè è attraverso il "fare"
che si scoprono le funzioni del pensiero. Nel suo percorso di archeologo
si è trovato di fronte a problemi inerenti i poteri della mente
che ha affrontato in modo scientifico giungendo così a scoprire
gli Archetipi e a capirne l'importanza e le grandi possibilità
che da essi scaturiscono per far raggiungere all'uomo l'alto pensiero
creativo.
Mario Pincherle è autore di molti volumi di archeologia, tecniche
dell'antichità e parapsicologia. Le sue straordinarie scoperte
hanno sfatato grandi falsi storici e svelato misteri dell'antichità.