Teatro Pedagodico e Sociale

Paolo Freire

- Paolo Freire -
Paulo Freire, nato a Recife (Brasile) il 19 settembre 1921, ebbe una grande influenza spirituale prendendo esempio da sua madre, cattolica praticante. Dopo risultati modesti alla facoltà di giurisprudenza, si dedica alla lettura di Maritain, Bernanos e Mounier avvicinandosi all'esistenzialismo cristiano. L'incontro e il successivo matrimonio con Elza Maria Costa Oliveira, maestra elementare e poi direttrice didattica, sono decisivi ai fini della sua scelta professionale, nell'insegnamento della lingua portoghese.
Con crescente interesse comincia a rivolgere la sua attenzione ai problemi pedagogici, cosicché dal 1946 al 1954 dirige il 'Centro di Educazione e di Cultura" dei Servizio Sociale di Pernambuco, per poi fondare nel 1961 a Recife il
"Movimento di Cultura Popolare"
coordinando il Piano per l'educazione degli adulti nel Nord-Est dei Brasile all'interno dei programmi dei Governo Populista. Questa esperienza brasiliana terminò nel 1964 per via dei colpo di stato militare, che un anno dopo lo obbligò all'esilio a causa della sua attività di educatore presso le comuni rurali più povere. Dal 1965 al 1970 continuò la sua esperienza nel Cile e negli Stati Uniti d'America, presso l'università di Harvard, per poi entrare a far parte, a Ginevra, nel Consiglio Mondiale delle Chiese come esperto di problemi pedagogici per il Terzo Mondo
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La sua esperienza gli consente di dare un rigore scientifico alle sue ricerche sul metodo. Parallelamente si oppone al metodo educativo corrente, sostiene che non si può considerare "l'educazione come un valore assoluto e neppure la scuola come un’istituzione libera da condizionamenti"; un'educazione che non tiene conto delle condizioni dei contesto in cui è applicata è nulla, per il fatto stesso di essere isolata dalla realtà ed inoltre perché può diventare uno strumento sempre meno utile.
Infatti Freire afferma che la massima aspirazione dell'educazione "depositaria" (termine che sottintende l'insegnamento nozionistico) é parlare della realtà come qualcosa di fermo, statico, suddiviso e disciplinato, o addirittura dissertare su argomenti completamente estranei all'esperienza esistenziali degli educandi" (La pedagogia degli oppressi, p. 81). Essa non svela le ragioni che fanno dell'uomo un essere in divenire nel mondo, per cui ne inibisce la creatività, preparandolo ad adattarsi alla realtà di fatto. "Nelle lezioni verbose, nei metodi in cui si giudicano le "coscienze", nella cosiddetta "verifica", delle letture, nella distanza tra educatori ed educandi, nel criteri di promozione, nell'indicazione bibliografica, in tutto, c'è sempre la nota "digestiva" e la proibizione di pensare veramente" (La pedagogia degli oppressi, p. 88). Solo l'educazione problematizzante può aiutare ad 'essere di più". "Essa è "Intenzionalità", perché risposta a ciò che la coscienza profondamente è, e quindi rifiuta i comunicati e rende esistenzialmente vera la comunicazione' (la pedagogia degli oppressi, p. 92). Essendo al servizio della liberazione, l'educazione problematizzante stimola la riflessione e l'azione dell'uomo sulla realtà, rispondendo alla sua vocazione, che é autentica solo perché rivolta a realizzare una trasformazione. Inoltre, poiché trova nel dialogo il rapporto indispensabile per cui l'educatore e l'educando crescono insieme, percependo di essere in divenire nel e con il mondo, essa si dispiega come 'probabilità rivoluzionaria di futuro". Perciò l'educazione problematizzante é profetica e dunque capace di speranza. Tale pratica educativa pone le condizioni perché gli educandi passino dalla conoscenza basata sulle opinioni alla conoscenza razionale, consentendo loro di andare oltre se stessi, verso emancipazione definitiva. Infatti, dice Freire che il vero aiuto da dare all'uomo consiste nell'aiutarlo ad aiutare se stesso, nel farlo agente del suo stesso recupero, nel collocarlo in una posizione critica di fronte ai suoi problemi. Questa proposta pedagogica però è affermata costatando che troppo diffusa é l'oppressione tra gli uomini. Essa perciò risponde anche ad una precisa scelta sul piano sociale: si qualifica come "Pedagogia degli Oppressi". Con l'emancipazione degli oppressi però mira a promuovere anche quella degli oppressori; per questo la pedagogia degli oppressi si presenta come "pedagogia dell'uomo". La disumanizzazione, che è conseguenza dell'oppressione, è una distorsione possibile della storia, ma non inevitabile; piuttosto è "il risultato di un "ordine" ingiusto che genera la violenza degli oppressori" (la pedagogia degli oppressi, p. 48). Perciò, più che la vocazione autentica dell'uomo, costituisce la "vocazione negata all'ingiustizia, nello sfruttamento, nell'oppressione, nella violenza degli oppressori" (La pedagogia degli oppressi, p. 48). l'uomo per sé è chiamato a realizzare la propria umanità; non lo fa perché non riesce a svincolarsi dalla "paura della libertà" (Erich Fromm, Fuga dalla libertà, Comunità, Milano 1963) che lo spinge a farsi oppressore oppure a restare legato alla propria situazione di oppresso. L'emancipazione è una conquista e non un’elargizione e quindi una ricerca permanente. Solo mediante l'atto responsabile con cui l'uomo si decide per essa e s’impegna a realizzarla, egli intraprende il cammino della propria liberazione. L'intero processo però per svilupparsi richiede che egli prenda coscienza della propria condizione di oppresso, che la sottoponga ad analisi di critica ed infine che individui la possibilità concreta del suo superamento. "La liberazione è un parto. Un parto doloroso. l'uomo che nasce da questo parto è un uomo nuovo che diviene tale attraverso il superamento della contraddizione oppressori-oppressi, che è poi l'umanizzazione di tutti" (la pedagogia degli oppressi, p. 54). La liberazione in ogni modo non può essere ottenuta dall'uomo singolo con le sue sole forze, come pure non è liberazione di alcuni quella fatta da altri. Essa è il risultato di un processo che si realizza nel rapporto dialettica degli uomini tra loro, con la mediazione dei mondo, cioè "dentro la storia che essi hanno il compito di fare e trasformare ininterrottamente" (l'educazione come pratica della libertà, p. 44). Proprio per questo l'uomo tende alla propria liberazione perché è un essere in divenire, cioè un essere incompleto, incompiuto che, avendo coscienza di questa sua condizione, aspira a superarla. Ma, per questa sua natura, è aperto alla realtà e quindi è soggetto di rapporti perché non è solo nel mondo, ma ne fa anche parte responsabilmente. E "attraverso i suoi rapporti con la realtà, frutto dei suo stare nel mondo e coi mondo, e per mezzo dei suoi gesti di creazione e ricreazione e decisione, l'uomo dinamizza la storia, domina la realtà, la umanizza aggiungendovi qualcosa che lui stesso ha creato. L'uomo dà una dimensione di tempo agli spazi geografici, genera la cultura" (L'educazione come pratica della libertà, p. 50). Trasformando di continuo la realtà, rendendola sempre rispondente alle proprie necessità, egli la modella conformemente al propri desideri e con ciò stesso realizza la sua volontà di perfezione. In fondo, sostiene Freire, è connaturato all'uomo aspirare ad "essere di più". lnconcluso come è e, unico tra tutte le creature, consapevole di questo suo stato, si sforza di liberarsene. Ebbene, con il suo tendere, non perde la propria identità personale ma la realizza, non la disperde ma la recupera e la riunifica. Voler essere di più, infatti, per lui equivale a cercare di conseguire la piena umanizzazione, la completa realizzazione di sé come soggetto unico e come persona. In questa proposta pedagogica, infatti, può "essere di più" solo colui che ha coscienza dei proprio destino e perciò scopre al suo interno la propria vocazione e ne fa un progetto esistenziale, un itinerario di vita.
Ecco, questi uomini, con la loro azione trasformatrice, costruiscono la storia e si fanno esseri storico- sociali. La storia a cui danno vita, pur articolandosi secondo il passato, il presente e il futuro, tuttavia si svolge in un divenire permanente e perciò secondo una continuità ininterrotta. Ciascuna epoca però ha la sua unità, la quale è caratterizzata "da un insieme di idee, di concezioni, speranze, dubbi, valori, sfide, in interazioni dialettica con i loro contrari, alla ricerca di una pienezza.
La rappresentazione concreta di queste idee, valori, concezioni e speranze, come pure gli ostacoli all'essere di più" per gli uomini, costituiscono i temi all'epoca" (La Pedagogia degli oppressi, p. 122). Questo "è un impegno storico. Ed è anche coscienza storica; è inserimento critico nella storia, implica che gli uomini assumano il ruolo di soggetti che fanno e rifanno il mondo, esige che gli uomini creino la loro esistenza con il materiale che la vita offre loro" (Teoria e pratica della liberazione, p. 39).
" ."Creatore di mille nomi, costruttore di sensi, trasformatore dei mondo... i tuoi padri e i padri dei tuoi padri continuano in te. Non sei una meteora che cade ma una freccia luminosa che vola verso i cieli. Sei il senso dei mondo e quando chiarisci il tuo senso illumini la terra. Ti dirò ora qual è il senso della tua vita qui. Umanizzare la Terra. Cos'è Umanizzare la Terra? E' superare il dolore e la sofferenza, è imparare senza limiti, è amare la realtà che costruisci!"... (Silo, A proposito dell'umano, 1 maggio 1983)


Paulo Freire pedagogista umanista
di Sergio Zoppini


http://www.centroweb.com/cmd/h22.htm - 1997 la morte di Freire